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Stand della Solidarietà: EMERGENZA Burkina, repubblica d’Africa colpita dall’alluvione!

BURKINA, dopo la siccità, ora l’alluvione

                La popolazione della zona di Fada N’ Gourma, nell’est del Burkina Faso, ogni anno soffre terribilmente a causa di una persistente scarsità ed irregolarità delle piogge. I contadini seminano il miglio ed il granturco, le piantine crescono, ma siccome tarda a venire la pioggia, esse seccano. Quando finalmente cade di nuovo la pioggia, viene fatta una seconda semina, andando ad intaccare le riserve alimentari della famiglia. In alcuni luoghi si arriva a seminare fino a tre volte. Siccome il tempo della crescita è per forza inferiore al normale, il raccolto risulterà minore.

L’Abbé Prosper, Direttore della Caritas della Diocesi di Fada N’ Gourma, nell’autunno scorso sollecitò il Comitato di Amicizia ad intervenire al fine di permettergli di distribuire sacchi di miglio alle famiglie, perché nel periodo precedente il raccolto, quando maggiore è l’impegno del lavoro, non avevano più nulla con cui nutrirsi.

Ebbene, quest’anno le stesse famiglie sono state colpite da un nuovo terribile flagello: il 17 e 18 agosto su di loro si sono abbattute tre terribili piogge che hanno fatto cadere sul terreno ben 231 mm di acqua, che ha permesso la formazione di impetuosi corsi d’acqua dove c’erano campi coltivati e povere case con i muri di mattoni in terra seccata al sole e tetti di paglia.

Ben 308 abitazioni del municipio di Matiacoali sono state distrutte, lasciando senza riparo 640 bimbi da 0 a 6 anni, 902 adolescenti da 6 a 18 anni, 450 donne e 378 uomini. In totale, 2670 persone hanno perso tutto, non hanno alcun riparo.

L’alluvione, oltre che a demolire le capanne e sciogliere i muri, facendoli ritornare fango, ha steso una coltre di terra dove c’erano le abitazioni e nei campi dove con fatica le famiglie avevano seminato.

Tutto è ora coperto da uno strato di fanghiglia che, oltre a soffocare le piante di cereale, nemmeno permette di recuperare i miseri arredi ed il poco che si trovava nelle case.

Sono andati perduti 430 ettari di sorgo, 319 di riso, 430 di granturco e 190 di sesamo, la cui maturazione era prevista per fine novembre. Il raccolto è andato quindi completamente perduto e le famiglie subiranno anche le conseguenze relative. In pratica, avendo perso tutto, soffriranno la fame per un anno intero, fino al raccolto di fine 2014.

Già erano varie decine le persone che quotidianamente si presentavano alla porta dei magazzini della Caritas Diocesana, immaginiamo il loro numero dopo un simile flagello.

Recentemente l’Abbé Prosper ci aveva scritto che aveva difficoltà a presentarsi in ufficio, perché i magazzini erano vuoti e non sapeva come fare a soddisfare il bisogno alimentare delle famiglie in stato di necessità.

Per lui ora il compito è ancora più arduo in quanto, per sfamare i 2670, alluvionati sono necessarie 30 tonnellate di cereale al mese, anche se ogni persona per nutrirsi si accontenta di soli 400 grammi di cereale al giorno. Se proviamo un poco a riflettere, scopriamo che ben maggiore è il nostro fabbisogno alimentare!

I poveri del Burkina sono costretti a privazioni indicibili: si accontentano di dormire su una stuoia stesa sulla nuda terra, in un’abitazione che per tetto ha una stuoia di paglia intrecciata, che facilmente può essere asportato dal vento. Molti mangiano una sola volta al giorno: una polenta di farina di cereale messa in una grande ciottola, da cui tutti i componenti la famiglia prendono la propria parte, con una mano.

Si spostano a piedi, lungo sentieri che si snodano fra i campi e terreni incolti, dove crescono solo alberi spinosi.

E’ chiaro che un buon numero di giovani non accetta questa vita, perché ha capito che in occidente si vive diversamente. Essi abbandonano i loro villaggi, sobbarcandosi un lunghissimo viaggio e rischiando la vita per attraversare il mare, nella speranza di una vita migliore per sè e per i famigliari che sono rimasti nel villaggio nativo.

Se le forze migliori abbandonano la propria terra, anche la speranza di dar vita ad uno sviluppo viene a mancare.

Aiutare gli alluvionati di Matiacoali a sfamarsi, significa far ritornare la speranza nei cuori di quelle famiglie, e la certezza nei cuori dei giovani che per loro è possibile ricominciare a lavorare per ricostruire le proprie case e rimettere in sesto i propri campi.

Raffaele Gaddoni

Articolo pubblicato su “Il Piccolo – Faenza”

Agosto 2013